LIBERAZIONE - 22 AGOSTO 2003

Apache, ultima stazione

La vicenda di Ola Cassadore, una donna indiana che da anni lotta contro la costruzione di un osservatorio astronomico sul sacro Monte Graham

Ola Cassadore da più di quattordici anni lotta per difendere la montagna sacra degli Apache, Dzil Nchaa Si'an, conosciuta come Mount Graham, violata dalla costruzione di un grande osservatorio astronomico che la sta devastando. La sua vita è unita a quella della montagna in un legame che va oltre la comprensione umana.
Abbiamo incontrato per la prima volta Ola Cassadore nel 1993, in Arizona. Subito ci ha colpito quel misto di fierezza, dolcezza e velata sofferenza che accomuna chi si è visto poco a poco portare via tutto: terre, tradizioni, riti, usanze.
Ola Cassadore è membro della Tribù degli Apache San Carlos, Arizona. Suo padre era Capo Clan dei Deschin e sua madre apparteneva al Clan Istaneyei. Ola è cresciuta in una famiglia Apache fortemente tradizionale, sua nonna era medicine-woman e praticava la terapeutica tradizionale per le persone della Comunità. Suo fratello, seguendo le orme del padre e dello zio, è diventato anch'egli medicine-man, ricevendo la sua nomina su Mount Graham nel modo tradizionale Apache.
Quando Ola, insieme al marito Mike Davis, ci ha portati a vedere lo scempio che si stava compiendo nel loro massimo luogo sacro, ho pianto insieme a lei. L'umiliazione a cui abbiamo assistito nel vedere la strada sbarrata e il ranger che allontanava i discendenti di un fiero popolo dalla loro montagna, ci ha fatto decidere di schierarci al loro fianco a combattere. Ci sentivamo in qualche modo responsabili: l'Italia partecipa al progetto attraverso l'osservatorio di Arcetri; un altro dei maggiori sponsor è il Vaticano. Come possiamo, noi italiani, far finta di niente?
Da allora abbiamo incontrato Ola molte altre volte, sia in Arizona che in Italia. La solidarietà è diventata amicizia, affetto, fiducia. I momenti che passiamo insieme a lavorare per la nostra comune impresa sono pieni di allegria e di aneddoti, tanto che abbiamo iniziato a collaborare a progetti editoriali e musicali (Ola canta in lingua apache le canzoni tradizionali del suo popolo).

Il racconto di Ola

La testimonianza raccolta fa parte del libro "I Popoli naturali e l'ecospiritualità" scritto a tre mani con Ola Cassadore e Giancarlo Barbadoro.
Ola con le sue parole descrive la sua gioventù che ha vissuto, in qualità di primogenita, secondo i costumi tipici degli Apache. Per la prerogativa che le derivava dalla sua posizione nella famiglia è stata istruita secondo la guida degli Antenati e nei costumi e le pratiche cerimoniali tradizionali degli Apache.
Ola racconta: "Ricordo che ero seduta su una coperta per terra, nel wieki up (capanna Apache) di mia nonna, che mi dava lezioni. Mi insegnava molte cose a proposito delle donne Apache. Mi trasmise molte cose delle credenze spirituali del mio popolo. Mi ha insegnato a ricordare la via degli Apache e ha voluto che io imparassi i doveri della donna Apache.
Nel solstizio d'estate preparava i cavalli, uno serviva per cavalcare e un altro per il bagaglio: le coperte e il cibo. Viaggiavamo tutto il giorno fino alla cima della nostra montagna sacra e lì stavamo per parecchi giorni, a raccogliere ghiande e bacche e altro cibo selvatico. Vi erano tanti animali selvatici, sulla montagna, ma non si avvicinavano, e non ricordo una sola volta che ci abbiano importunato durante il nostro campeggio.
Mia nonna era spiritualmente molto forte, secondo la via Apache, e usava darmi i suoi insegnamenti nel buio della notte, sulla montagna. Mi diceva che non dovevo avere paura perché questa era la nostra terra, il nostro posto, perché noi siamo parte di questa terra e di tutte le cose che stanno su questa montagna, e così siamo protetti.
Molti anni dopo ho risentito gli insegnamenti di mio padre e di mia nonna nelle parole degli Anziani Apache, quando mi parlarono per la prima volta del progetto della costruzione dell'osservatorio astronomico su Mount Graham. E' stato molto doloroso per gli Anziani, e le lacrime hanno cominciato a scorrere dai loro occhi mentre mi raccontavano del fatto che Mount Graham è una montagna sacra e che loro non volevano che la montagna fosse distrutta.
E' stato in quel momento che ho deciso di oppormi al progetto.
Mount Graham è una montagna sacra, nel suo cuore sonno custoditi molti oggetti cerimoniali ed è il luogo dove sono seppelliti gli Antenati. Ci sono tante piante medicinali, c'è l'acqua della sorgente per la benedizione cerimoniale Apache e per la terapeutica tradizionale.
Mount Graham è la casa del messaggero spirituale del passato, Ga'an. Ga'an è lo spirito che dimora nel monte Graham, conosciuto oggi come il danzatore spirituale della montagna Apache, da cui il Popolo Apache, sin dai tempi dei nostri Antenati e fino alla generazione moderna, dipende per le cerimonie e per la sopravvivenza della nostra cultura Per noi Apache Mount Grahm si chiama con il nome di Dzil Nchaa Si An, un antico nome, così come si usa fare con molte montagne sacre. Dzil Nchaa Si An è la nostra montagna più sacra."

Un fronte di lotta

Ola ha fondato la Apache Survival Coalition con lo scopo di difendere la loro montagna sacra, Mount Graham, riuscendo a sollevare una protesta internazionale: al suo fianco si sono schierate organizzazioni da tutto il mondo. Del caso si stanno ora occupando le Nazioni Unite e il Parlamento Europeo.
Nei suoi accorati appelli, Ola fa spesso riferimento all'identità religiosa della montagna: "La costruzione di un osservatorio astronomico proprio sulla cima di Mount Graham sta dissacrando il nostro luogo sacro dove sono seppelliti i nostri Antenati, il posto dove troviamo le nostre piante terapeutiche, dove troviamo la nostra acqua di sorgente usata per le cerimonie sacre e i nostri riti cerimoniali. I lavori disturbano gli spiriti dei nostri Antenati seppelliti lì.
Noi viviamo in un Paese che dovrebbe garantire la libertà di religione, come cita un articolo della Costituzione americana, ma la religione dei popoli indiani non ha mai goduto della protezione di cui godono le grandi religioni degli Stati Uniti. I Nativi americani oggi stanno subendo gravissime violazioni dei loro diritti umani. Manca la protezione legale della loro libertà di culto e della libera professione della loro religione tradizionale.
Come sappiamo, la libertà religiosa è una cosa che la maggior parte degli americani prendono come scontata. Ma non è questo il caso di noi Nativi americani.
La lotta per Mount Graham evidenzia una lunga catena di ingiustizie contro i Nativi americani, e l'espropriazione dei nostri siti sacri continua, insieme con la distruzione delle nostre religioni tradizionali.
Noi chiediamo la protezione dei pochi luoghi sacri rimasti. Noi popoli indiani abbiamo già fatto tanti sacrifici ed abbiamo già perso molti dei nostri luoghi sacri. Non vogliamo che questo si ripeta anche con la nostra montagna più sacra, Mount Graham".
La violazione di Mount Graham è un caso emblematico che pone l'accento sul valore che possiamo attribuire alla spiritualità dei Nativi americani e che dobbiamo estendere necessariamente, per logica conseguenza, anche alle tradizioni di tutti gli altri Popoli naturali, i cosiddetti "nativi".
Non è più possibile relegare la religiosità di queste culture in forme di superstizione etnica. E' sempre più evidente come la loro spiritualità sia basata su una conoscenza intima e universale della natura, molto più ecumenica di quanto possano aver scoperto le grandi religioni, storicamente da sempre in antitesi tra di loro.
Le tradizioni dei Popoli naturali sono un prezioso bagaglio di esperienza spirituale, testimone di un processo evolutivo di conoscenza del mondo che sembra essere stato interrotto o disperso dall'interferenza delle cosiddette grandi religioni. Questa considerazione porta a riscattare i Popoli naturali dal loro ruolo culturale di presunta inferiorità storica, non solo per quanto riguarda i Nativi americani, ma anche i popoli nativi di tutto il pianeta, per ristabilire il significato della loro intuizione e della loro dignità spirituale, utile per tutta l'umanità.
La violazione di un luogo sacro dei Popoli indigeni è una minaccia per la sopravvivenza della loro identità. Ogni Popolo ha il diritto di conservare le sue tradizioni e le sue credenze religiose.
Non lasciamo che l'indifferenza permetta questo ennesimo sopruso ai danni degli indiani d'America. Diamo visibilità alla violazione dei diritti religiosi del Popolo Apache e aiutiamoli a difendere la loro montagna sacra.

Rosalba Nattero
Rappresentante per l'Italia
della Apache Survival Coalition

 

Anche gli operai dell'Ansaldo contro la mega opera

Il monte Graham si trova in Arizona, vicino a Tucson, nei pressi della riserva Apache San Carlos. E' una delle cime più alte dell'Arizona, con i suoi 3.200 metri di altezza, e soprattutto, per gli Apache rappresenta un luogo sacro. Nella loro lingua si chiama Dzil Nchaa Si'an (la grande montagna seduta) a causa del suo profilo particolare. Qui sono sepolti gli antenati  degli Apache, qui i "medicine-men" raccolgono erbe per la terapeutica; qui gli sciamani Apache celebrano i riti sacri.
Ma questo luogo religioso è messo in pericolo dal un progetto di costruzione di uno degli osservatori astronomici più grandi del pianeta, che prevede ben sette telescopi. Già da più di dieci anni la cima della montagna, la parte considerata più sacra dagli Apache, è stata chiusa all'accesso. Due dei sette telescopi previsti sono già stati costruiti, con danni irreversibili all'ecosistema locale, considerato unico nel suo genere. Mount Graham è un'oasi naturalistica di grande importanza geologica dal momento che è l'ultimo esempio in zona dell'habitat ecologico esistente nell'ultima glaciazione.
Al suo interno sopravvivono diverse specie di animali e di piante in via di estinzione. Perciò, al fianco degli Apache si sono schierati movimenti ambientalisti sia americani che europei. Da più di dieci anni si svolge una battaglia per la difesa del monte Graham che vede insieme tribù indiane, movimenti ecologisti e organizzazioni di tutto il mondo. Persino gli operai dell'Ansaldo di Milano sono entrati in sciopero, e in segno di protesta contro il progetto si sono rifiutati per molti mesi di partecipare alla costruzione. Il progetto, tuttsvia, è stato solo rallentato, ma non bloccato.
Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, rappresentanti in Italia della Apache Survival Coalition, hanno sottoposto più volte il problema all'ONU durante le conferenze di Ginevra dedicate ai Popoli indigeni. In seguito alle numerose proteste in tutto il mondo, molti degli sponsor si sono ritirati. Di recente anche il Max Planck Institute di Monaco, tra i maggiori sponsor europei, ha annunciato il suo ritiro a causa della visibilità non ottimale del luogo. Esistono studi, peraltro, che indicano altre località come più adatte al progetto. A favore della costruzione dell'osservatorio restano, oltre all'Università dell'Arizona, i partner italiani: l'Osservatorio di Arcetri e il Vaticano. Dopo le proteste inoltrate dagli Apache al Papa, il Vaticano ha inviato degli esperti sul posto, i quali hanno decretato che il luogo "non è sacro".